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    Social e motorsport: due linee parallele?

    Social e motorsport: due linee parallele?

    Probabilmente chiunque al giorno d’oggi abbia in mano un telefono fa anche parte dei social media: parliamo di milioni di persone connesse attraverso internet! E a questo fenomeno non si sottraggono nemmeno i paddock e i nostri piloti favoriti: ci sembra davvero di creare una connessione con loro.

    La nascita di internet

    Sono molte le volte che sentiamo dire “si stava meglio prima”. Non c’è dubbio che occasionalmente sia davvero così. Quando nel 1983 il protocollo TCP/IP diventò pubblico, segnando l’inizio dell’era di internet moderna, fu impossibile tornare indietro. Inizialmente internet veniva usato da esperti e ricercatori, oppure persino da militari. Con la sua diffusione, invece, è diventato maneggevole da tutti i suoi utenti. Grazie alla semplificazione del mezzo stesso, oggigiorno basta un click per raggiungere l’informazione desiderata. Inoltre, siamo costantemente connessi l’un l’altro: non serve più aspettare chissà quanto tempo per ricevere una risposta, con i messaggi o le chiamate istantanee tutti possono essere raggiunti in qualsiasi momento.

    tcp ip

    Ora facciamo parte della “società dell’immagine” che vede il suo punto focale proprio nei social media. Questi ultimi si evolvono assieme alla società, insomma, sono due facce della stessa medaglia, e oramai non possiamo farne più a meno.

    Social media, tv e motorsport

    La maggior parte della popolazione ha profili sui social media, alcuni di questi sono privati per connettere solamente amici e familiari, mentre altri sono pubblici, così che chiunque voglia li può seguire. Questo è proprio il caso dei piloti. Attualmente i profili social degli atleti sono tra i più seguiti, e sicuramente portano nel paddock tantissimi nuovi tifosi. Attorno ai social media sono presenti numerose strategie di marketing, studiate appositamente per catturare l’attenzione di tante tipologie diverse di persone. Tutto questo accade perché al giorno d’oggi l’aspetto più importante sono sicuramente i numeri e il business.

    Negli ultimi anni si è registrato un grandissimo incremento di interesse verso il mondo dei motorsport, e questo è stato possibile grazie a internet e ai social. Non di meno sono le serie tv e i film che sono stati prodotti per raccontare la storia di grandissime celebrità del motorsport: “Senna”, “Le Mans ‘66” “Gran Turismo”, e l’ultimissimo uscito proprio la scorsa estate “F1”. Tutte queste rappresentazioni e informazioni hanno suscitato l’interesse di nuovi fan, che si apprestano a voler conoscere la cultura del motorsport.

    Tifosi e nuovi interessi

    Ma sorge un problema. Spesso, a causa dei social, si ritengono sempre più di maggiore rilevanza gli aspetti della vita privata dei piloti. È importante conoscere dove vivono, come vivono, quali vetture guidano, cosa fanno durante le vacanze, con chi sono fidanzati, in che rapporti sono con la propria famiglia, e così via dicendo. In questo modo si viene a perdere la vera cultura dello sport, per aspetti che non riguardano nessuno se non il pilota stesso, o i suoi cari. Ma di questo non se ne deve fare una colpa a nessuno, se non al modus operandi dei social in sé.

    Questo tipo di curiosità va man mano crescendo, tanto che alcuni personaggi noti hanno deciso di non pubblicare più informazioni personali che violino la loro privacy su internet. Oggi è più importante creare meme, pagine di gossip, piuttosto che prestare attenzione alle informazioni e agli avvenimenti che davvero fanno la storia del motorsport.

    Il caso Kimi Antonelli

    Dopo il GP del Qatar Kimi Antonelli è stato preso di mira sui social da alcuni tifosi. I commenti erano pieni di odio e di minacce per quello che il pilota “avrebbe fatto” in pista. Antonelli è stato accusato di essersi spostato deliberatamente per far passare Lando Norris alla fine della gara, aiutandolo così a conquistare più punti e portarsi avanti contro gli avversari (Red Bull). Questi, che sono fondamentali per una lotta piloti ancora aperta a pochissimi GP dalla fine della stagione.

    Le intimidazioni erano così numerose e prepotenti che Kimi si è concesso una pausa, mettendo come foto profilo un cerchio nero. Il pilota commenta così questo clima ostile che si trova spesso sui social: “La Fia ci sta lavorando, […]. Il rispetto non deve mai mancare, anche nei confronti di un pilota che non sostieni. Noi andiamo in pista per dare tutto, non per favorire o danneggiare gli avversari. […]”

    Successivamente gli sono state poste delle scuse da parte di Red Bull, con un comunicato ufficiale, e anche l’ingegnere di pista di Verstappen, Giampiero Lambiase, si è chiarito di persona con il pilota.

    La bufera sui social media che si è creata per questo avvenimento è stata esagerata e amplificata dal medio stesso. Tutti i commenti sono stati scritti da persone che hanno vissuto l’accaduto solamente da spettatori e non hanno vera voce in capitolo. Nonostante ciò, la libertà che si percepisce su internet intensifica tutto: il coraggio, l’aggressività, l’odio, la competitività. E tutto questo porta a ondate di provocazioni fuori luogo che fanno male anche quando l’unico errore commesso è stato di comprensione. Ogni tanto bisogna ricordarsi che anche sui social, anche se non si è faccia a faccia, si ha sempre a che fare con persone vere.

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    Andrea Kimi Antonelli, Mercedes AMG Petronas F1 Team. (foto di Sam Bagnall/Sutton Images)

    I social modellano i comportamenti

    Possiamo affermare che internet gioca un ruolo fondamentale nel modellare i comportamenti, le idee, le azioni dei tifosi. A volte questo strumento può risultare davvero utile (connessione e informazioni costanti), ma in altre occasioni sfocia in comportamenti negativi (quali violenza o cyber-bullismo verso chiunque abbia un’idea diversa). I social, con i loro ritmi sempre più veloci, accrescono l’aggressività, l’impazienza, che spesso si manifesta anche nei tifosi sportivi. Pensiamo solo a quando Max Verstappen fu accolto da una folla di “BOO” dopo aver vinto il GP di Monza; sicuramente questo non sarebbe successo, almeno in tale scala, in qualsiasi epoca o momento.

    È importante, perciò, tramandare i veri valori del motorsport: resilienza, forza, coraggio, sana competitività. Questo è fondamentale, non conta tutto quello che ci sta attorno. Quindi ci chiediamo, si stava meglio prima oppure no?