La stagione del Campionato Italiano Gran Turismo è giunta al termine da ormai settimane, ma la voglia di rivivere i momenti più emozionanti non se ne va. Se c’è un nome che rimane impresso dal 2025 è quello di Rocco Mazzola: giovane, veloce e campione italiano Endurance, insieme a Fabio Rauer e Riccardo Cazzaniga. Il trio di Tresor Competition ha concluso un anno già positivo con la ciliegina sulla torta.
Poche chiacchiere, tanto lavoro: Rocco Mazzola è uno dei talenti del motorsport italiano più promettenti e nel 2025 si è laureato campione del Campionato Italiano GT Endurance, sfiorando anche il titolo nello Sprint. Con l’Audi R8 LMS GT3 di Tresor Competition, il pilota italiano ha finalmente messo la firma su un titolo così importante. Di lui però nel paddock italiano si è sempre sentito parlare, perché il potenziale ce l’ha sempre avuto. Nel 2022, il primo anno in cui ha corso in GT Cup, ha vinto il titolo, con la Ferrari 488 Challenge di Easy Race e di fianco a Luigi Coluccio. Nel 2024, in GT3, è diventato vice campione Sprint dopo una stagione sempre al limite con Tresor Competition.
Mazzola, che è uno che non ama parlare durante i weekend di gara, concentrato sul da farsi in pista, ci ha raccontato di come questa stagione sia stata il frutto sia del duro lavoro, sia degli insegnamenti appresi durante gli anni meno fortunati. Di come la pressione sia ciò che gli ricorda perché è proprio questo il suo sogno. E di quando, bambino, per la prima volta è salito su una macchina da corsa, condividendo con suo padre Raffaele la passione per i motori.

Partiamo dall’inizio: come ti sei appassionato al mondo del motorsport?
Grazie all’immensa passione di papà. Avevo cinque anni quando mi ha portato a Misano a vedere una gara del Campionato Italiano Gran Turismo. E vederlo felice è stato bellissimo, sembravamo due bambini. Poi mi ha fatto salire su una Porsche e da lì mi sono innamorato. Sono tornato a casa, ho insistito, ho chiesto di provare il go-kart e da lì è iniziato tutto.
Un pilota si forma sul kart: come sono stati quegli anni?
Ho iniziato a girare così, per fare esperienza, in qualche piazzale dai sei anni fino agli otto. Poi ho iniziato a correre nei campionati regionali italiani. Il primo vero risultato col kart è arrivato dopo un bel po’ di tempo, nel 2019, quando ho vinto la Coppa Italia. Nel 2020 invece sono arrivato secondo al Campionato Italiano ACI. Gli anni del kart sono stati particolari: mi divertivo a guidarli, però quando sono passato nel mondo delle macchine è cambiato tutto. Mi ha dato disciplina e mi ha fatto crescere molto sotto il punto di vista della competizione.
Poi hai debuttato in GT Cup e hai subito vinto, con Luigi Coluccio
Il primo anno in GT è stato speciale, perché Luigi lo conoscevo dai tempi del kart, però non avevamo instaurato questo gran rapporto. Giocavamo insieme nel paddock, però non era quella vera amicizia. Nel 2022 ci siamo legati molto, siamo andati subito d’accordo. Questo secondo me ha fatto la differenza, perché avere un compagno di squadra molto simile è un vantaggio. Essendo poi il primo anno l’obiettivo era fare esperienza, per crescere, e invece ho vinto entrambi i campionati, solo io perché purtroppo Luigi ha dovuto saltare un round. Quindi è stato sicuramente un anno speciale.
Coppia vincente non si cambia: l’anno dopo avete debuttato in GT3 con Best Lap. La stagione però non è andata bene. Come hai gestito questi momenti più difficili?
Sono stati momenti veramente difficili perché è facile demoralizzarsi e perdere la fiducia in se stessi, soprattutto arrivando da campione. È come perdere la consapevolezza di quello che sai fare. Nel 2023 non abbiamo conquistato nessun risultato positivo, a parte un podio a Imola. Però poi quando sono passato in Audi, grazie a Ferdinando Geri, è cambiato completamente tutto.
Nel 2024, infatti, con Tresor Competition hai sfiorato la vittoria del titolo italiano. Com’è stato lavorare con loro?
Alla prima gara siamo subito saliti sul podio con Pietro Delli Guanti, con cui mi sono trovato subito benissimo. Ho riacquistato un po’ di autostima fin quando poi è arrivata quella gara a Mugello, la più bella della stagione. Ho tenuto dietro un pilota professionista per 15 minuti di gara e non è stato facile, anche perché BMW andava fortissimo, soprattutto in rettilineo. E infatti quella è stata la gara che ha cambiato completamente la mia consapevolezza.
Quest’anno hai completato l’opera e ti sei laureato campione italiano Endurance. Com’è andata la stagione?
L’anno scorso con Pietro abbiamo sfiorato la vittoria del titolo, quindi avevo già un’idea di quello che poteva essere il potenziale per il 2025. Con Riccardo Cazzaniga e Fabio Rauer mi sono trovato benissimo. Diciamo che sono stato molto fortunato in questi anni nel trovare i compagni di squadra giusti, perché non è facile lavorare con qualcuno con cui non ti trovi bene. Quest’anno è stato tutto perfetto: abbiamo vinto nella categoria massima del campionato italiano, quindi…

Qual è stata la gara più emozionante?
Gara 1 del weekend Sprint di Imola. Dopo aver vinto il campionato Endurance, tutti quanti dicevano che ci eravamo laureati campioni solo perché i nostri avversari erano stati sfortunati, quindi c’era “chi lo meritava più di noi”. Invece alla prima gara disponibile abbiamo dimostrato che in realtà quel campionato l’abbiamo vinto perché ce lo meritavamo, dimostrando tutto il nostro potenziale.
E quella più stressante?
La Endurance di Monza perché andavamo molto forti, però purtroppo siamo stati sfortunati. Dopo essere rientrati ai box per la sosta è stata data Safety Car e ci siamo trovati molto indietro. Da avvantaggiati come potevamo essere siamo diventati svantaggiati.
Hai corso anche nel GT World Challenge. Com’è stato misurarsi su una griglia con un livello così alto?
Mi ero già misurato nel GT World Challenge l’anno scorso a Jeddah, ma ho percepito tantissimo il mio cambiamento onestamente. Lì in bagarre, in gara, facevo un po’ di fatica. Invece quest’anno, anche se il livello è davvero molto alto, sono riuscito a combattere bene. Soprattutto a Spa, che è stata una gara speciale. La pista è bellissima, poi l’esperienza dell’endurance di ventiquattro ore, che guidi stanco e non riesci a dormire perché sei ancora un po’ stressato, carico di adrenalina, è incredibile. È stato veramente speciale.
Il tuo papà è tanto appassionato di questo mondo, quello di fare il pilota era un po’ anche il suo sogno. Senti la responsabilità di portarlo avanti anche per lui?
Sì, sicuramente. Diciamo che è anche grazie a questa responsabilità che ho sempre trovato la forza di andare avanti, perché ci sono stati tanti momenti molto bui. Vedevo tutti i miei amici che uscivano, si divertivano, e io non potevo perché il giorno dopo sarei dovuto partire per andare a fare una gara. Però poi pensavo a papà, i sacrifici che faceva e che fa ancora tutt’ora, e questo mi ha dato e mi sta dando ancora molto la forza. Quindi se riuscissi a realizzare il mio sogno, alla fine sarei contento due volte, perché sono consapevole di realizzare anche il suo.
Quanto è importante avere la presenza di chi ti vuole bene in pista con te?
Tantissimo. Anche perché quando trascorri momenti bui, sono gli unici che veramente se ne accorgono e sanno come tirarti su, perché ti conoscono. Devo ammettere che mi hanno aiutato molto, soprattutto nel 2023, che scendevo dalla macchina sempre demoralizzato. Loro erano sempre pronti ad aiutarmi perché sapevano come prendermi.

Si parla un po’ poco della preparazione mentale che serve in pista. Tu come la vivi?
La preparazione mentale secondo me è la parte più importante, ed è anche la meno citata. Ogni pilota sa che sta inseguendo il suo sogno, quindi automaticamente c’è tanta pressione. Io però sono convinto che che se riesci a gestirla alla fine riesci anche a realizzarti. Bisogna trarre forza dalla pressione.
Cosa consiglieresti a chi vorrebbe fare il pilota?
Di non fermarsi ai piccoli ostacoli che si incontrano durante il percorso, perché ce ne sono tantissimi. Di pensarci molto e rifletterci, perché non è un percorso facile, soprattutto dal punto di vista economico. Però sì, se si ha la possibilità, ne vale assolutamente la pena.
E al te del passato?
Di ascoltare di più i genitori e meno le critiche degli altri.
Dove ti vedi tra dieci anni?
Come pilota ufficiale di qualche casa costruttrice, spero.
E cosa diresti a quel Rocco che corre come professionista?
Che finalmente ce l’ha fatta e deve continuare a spingere come ha sempre fatto.







