Vito Giovinazzi: “Era un sogno arrivare dove siamo arrivati”
Camilla Coletta
Antonio Giovinazzi, classe ’93, nasce a Martina Franca, in provincia di Taranto, e inizia a muovere i suoi primi giri sui kart nel 2006. Sempre seguito dalla famiglia: la mamma e la sorella, dal papà così legato a lui e dai nonni, quello materno che condivideva con lui la passione dei kart e quello paterno che già da bambino lo vedeva in futuro con la tuta Ferrari.
Antonio è un ragazzo semplice ma determinato, lo avevamo intervistato nel 2023, poco prima della 24 Ore di Le Mans, occasione nella quale ci aveva detto di essere orgoglioso di tutta la strada percorsa fino a quel momento, perché di tragitto ne aveva fatto molto da quando era partito. Una strada piena di sacrifici, momenti difficili e tratti in salita, ma che lui stesso ci tiene a sottolineare che siano serviti per arrivare dove è oggi.
Da bambino Antonio aveva come idolo Schumacher e sognava un giorno di indossare la tuta rossa anche lui, di correre con la Ferrari, squadra con cui oggi ha vinto a Le Mans e ha raggiunto il titolo mondiale, sia piloti che costruttori. Al ritorno della vettura di Maranello nella massima categoria del Mondiale Endurance, Antonio ci raccontava di essere orgoglioso di far parte di questo progetto che affrontava con la consapevolezza di poter lottare per il podio e la pressione di ottenere i risultati che tutti si aspettavano.
In 3 anni la 499P di strada ne ha fatta molta, ha saputo dimostrare che la Ferrari che vince c’è, che il sogno di tornare a vincere a Le Mans era realizzabile, come anche il ritorno del titolo Mondiale a Maranello dopo 53 anni di attese.
L’emozione della 6 ore del Bahrain
Con Race Diary siamo andati in Bahrain dove ho avuto l’occasione di incontrare Vito, il papà di Antonio. Abbiamo passato nella stessa stanza una porzione della gara, nella quale ho visto un padre seguire suo figlio nella corsa che lo avrebbe reso campione del Mondo, con gli occhi pieni di speranza e quell’adrenalina in corpo che gli permetteva di guardare in 3 punti diversi, probabilmente allo stesso momento. Occhi sulla diretta, occhi sui tempi e occhi sulla pista. Ho parlato con Vito e gli ho chiesto come ha vissuto quella gara da papà. Lui mi ha confessato che già prima della gara, appena arrivato in Bahrain, c’era tanta tensione perché ancora nulla era certo, fino alla bandiera a scacchi non era ancora deciso né il mondiale piloti né quello costruttori.
“Questa era una gara importante. Ero molto teso a dire la verità perché bastava anche un solo problema e si rischiava di perdere il mondiale, sia quello piloti che quello costruttori.”
Durante la gara in Bahrain, ti ho visto concentratissimo, non avevi mai gli occhi distolti dallo schermo con la diretta tv, dai tempi o dalla pista. Puoi raccontarci come hai vissuto ogni giro, ogni sorpasso?
“La rimonta di Antonio dall’ottava posizione fino a quasi ad attaccare il primo è stata una grande emozione. Durante il decorso delle prime due ore di gara stavo veramente male male. Chiaramente vedevo che Antonio andava, ma comunque man mano la tensione aumentava, anche se vedevo che la macchina c’era.”
Quindi la tensione per Vito è rimasta fino alla fine, per tutte le otto ore.
“Cambiavo zona, andavo da una parte dell’altra del circuito per vedere la gara. È stato veramente una tensione enorme. Perché, anche se ci trovavamo nelle prime posizioni, tutto poteva succedere.”
Vito però mi ha anche confessato che questo tipo di tensione lo accompagna dalla prima gara di Antonio, non era quindi una novità. Non era un’emozione nuova per lui che, anche quando segue le gare da casa, è davanti a 3 schermi: uno per la gara, uno per i tempi e uno per l’on board della macchina per non perdersi nulla.
“Questo tipo di tensione da quando ha iniziato Antonio non è mai cambiato. Dalla prima gara con il kart, passando per le formule minori, la Formula 1 ed il WEC, per me non è cambiato nulla, la tensione è sempre a mille.”
Vito che a casa ha il suo spazio per seguire al meglio le gare di Antonio, mi racconta che gli piace seguire le gare da solo, entra nella sua bolla di concentrazione, si isola per non perdere la concentrazione e seguire ogni gara al meglio. Ma non è il solo ad immergersi al 100% nelle gare del pilota pugliese, anche il Fan club ha il suo spazio tra le tute, i kart e le coppe vinte da Antonio, dove guardare le gare. Luogo nel quale si trovavano numerosi anche il giorno della 8 ore del Bahrain per poter vivere la corsa al mondiale tutti insieme anche lontano dalla pista.
Mentre a Martina Franca i fans di Antonio rimasti in Italia seguivano insieme l’ultimo giro della gara da remoto, Vito era nel box in Bahrain, stretto a suo figlio:
“In quel momento vivevo tanti flash nella mente: quando lui ha iniziato con il kart, quando non c’era la possibilità economica e io andavo in giro per cercare gli sponsor. Pensavo alle cose belle, ai sacrifici, ai chilometri fatti con mio figlio con la macchina per andare alle gare. Alle soddisfazioni. Tante cose per la mente, pensavo da dove siamo partiti.”
Vito in quegli istanti ripensava a tutti quei momenti, anche difficili, nei quali ne lui ne Antonio hanno mai mollato. Nessuno dei due, perché questo viaggio lo hanno sempre fatto insieme.
“Io non volevo ritirarlo, nella 60 mini era un discorso di un budget basso e si riusciva a trovare degli sponsor. Poi nella 100 Junior servivano i soldi, infatti molta gente si ritirava.”
Vito mi parla della ricerca degli sponsor, una parte del budget la metteva lui, poi il resto lo cercava durante i viaggi di lavoro, ogni spostamento per la sua azienda era anche l’occasione per cercare un nuovo sponsor per suo figlio. E così facendo Vito riesce a portare avanti la carriera di Antonio.
La culla accanto al mondiale: “la bambina un giorno potrà dire io sono nata quando papà è diventato campione del Mondo”
Emozionanti le parole di Vito ed emozionata la sua voce quando gli chiedo dell’altra emozione enorme che Antonio ha provato quella notte: quella di diventare papà. Infatti, dopo la vittoria del mondiale è venuta al mondo Ginevra Madia, la primogenita di Antonio e sua moglie Antonella.
“Dopo la gara di Antonio abbiamo saputo che Antonella era in ospedale, che era entrata in travaglio. Non abbiamo più capito nulla e siamo andati subito in hotel a prendere le valigie. E poi la corsa verso l’aeroporto. Non abbiamo avuto nemmeno il tempo di parlare della gara, eravamo emozionati per il discorso della bambina, ne abbiamo parlato poco [n.d.r. Del mondiale] perché c’era quest’altra bella notizia della nascita della bambina.”
La confusione data dalle mille emozioni per Vito lo porta ad un simpatico evento in aeroporto che mi racconta. Una volta atterrati, al ritiro bagagli Vito, preso dalla fretta prende la prima valigia rossa che vede, ma non si accorge che non è la sua solita valigia Ferrari, bensì la valigia di una signora. Solo una volta arrivato in ospedale, dopo una chiamata da parte dell’aeroporto, Vito si accorge dello scambio.
Da una parte hai visto tuo figlio raggiungere l’obiettivo di diventare campione del Mondo con il cavallino rampante sul petto, dall’altra lo hai visto diventare papà, come si sono intrecciate dentro di te queste due emozioni così forti?
“Noi siamo arrivati alle 8 di mattina a Bari e la bambina è nata alle 5:30, quindi possiamo dire nello stesso giorno campioni del Mondo e la nascita di Ginevra. Io non ho capito più niente dall’emozione. La vittoria più grande è stata, chiaramente, la nascita della bambina, e poi la vittoria della Ferrari, che comunque abbiamo vinto il campionato del mondo che la Ferrari non vinceva da 53 anni. Abbiamo fatto la storia, stiamo facendo la storia.”
La strada verso il mondiale
Con Vito ripercorro tutta la strada che papà e figlio hanno fatto per arrivare dove sono oggi: Vito, appassionato di motorsport, compra ad Antonio il primo kart quando era un bambino di soli 3 anni e si divertiva ad usarlo sul piazzale di casa. Mi racconta di quando, già così piccolo, il pilota pugliese guidava il kart da solo, mentre gli altri bambini venivano trainati dai loro padri con la corda attaccata all’auto ancora a cinque anni. Poi a 7 anni Antonio inizia la vera carriera con le prime gare e da subito traspare la sua voglia di imparare, di migliorarsi, la sua determinazione:
“Ogni domenica si svegliava alle sei, veniva dietro la porta della nostra stanza e diceva «papà, dobbiamo andare a fare i test con Goffredo». E dicevo io «Antonio, per piacere è domenica, sai quanti chilometri facciamo tra il lavoro e per seguirti nelle gare». Ma lui non era contento. Si metteva dietro la porta e piangeva. Era un continuo pianto. Quindi eravamo costretti. Io, mia moglie, la sorella che era piccolina, ci vestivamo, ci mettevamo in macchina e si andava nel Salento a La Conca a girare. A girare, a girare. Quindi era un allenamento continuo.”
Dalle parole di Vito traspare la determinazione di suo figlio, che nella sua carriera non lo ha mai abbandonato. Mi racconta di quando Antonio a 15-16 anni piuttosto che uscire preferiva stare a casa il sabato sera e la domenica mattina andare in pista ad allenarsi, a migliorarsi.
“Quindi è stato sempre determinato, sempre. Posso dire, non ha mai mollato. Eppure, ci sono stati periodi bui, però non ha mai mollato, mai. Se non ci avesse creduto, non sarebbe arrivato dove è oggi. Lui cadeva ma si rialzava subito, perché comunque voleva fare quel lavoro, un lavoro che gli è sempre piaciuto.”
Vito mi confessa che, all’inizio della sua carriera, Antonio aveva un’idea diversa di lavoro, infatti, sognava di diventare pilota professionista e poi aprire un team di Kart. Poi, grazie a Ricardo Gelael, ha potuto puntare alla carriera da pilota.
“Quando lui ha iniziato ad andare forte con il kart io pensavo che sarebbe diventato un pilota professionista di kart e poi magari si sarebbe aperto un team. Però mai ho pensato che potessimo arrivare all’automobilismo, l’unico che ci credeva era mio padre, chissà come, avrei voluto chiederglielo.”
Durante la chiacchierata, infatti, mi racconta del nonno di Antonio, suo padre, il primo che ha davvero creduto che quel bambino, pieno di sogni, dal kart sarebbe poi arrivato a correre su una Ferrari.
“La cosa strana è che mio padre, quando Antonio era piccolo, diceva che lui doveva arrivare a correre con Ferrari. Io gli dicevo «pà non dire queste cose che il bambino è piccolo e non abbiamo la possibilità economica da poterlo mandare avanti, quindi non dirglielo»”
Ma, evidentemente, quel nonno sapeva, aveva visto il potenziale in suo nipote e gli regalò una penna Ferrari dicendogli “Antonio questa è una penna che ti regalo al tuo compleanno, sappi che il primo contratto che devi firmare con Ferrari lo devi firmare con questa penna”.
“Lui era convinto!”
Nel 2015 il padre di Vito viene a mancare e un anno dopo Antonio firma il suo primo contratto con la Ferrari.
“Quando Antonio ha firmato con Ferrari avrei voluto chiederglielo a mio padre «ma te perché già tanti anni fa hai sempre pensato che potesse arrivare a questo traguardo?» non glielo ho chiesto prima perché pensavo sarebbe stato impossibile arrivare a questo traguardo.”
La chiamata di Minardi e la prima gara in monoposto
Nel 2010 Antonio partecipa al Supercorso della Scuola Federale ACI Sport. È un giovane pilota, ha solo 14 anni ma riesce ad impressionare GiancarloMinardi che decide di contattare suo papà:
“Mi dice, Giovinazzi, io ho visto tuo figlio, mi ha colpito tanto. Deve fare una gara in macchina.”
Era la prima gara in macchina per Antonio, infatti, Vito fu costretto ad andare a comprare tutto il necessario, dalla tuta alle scarpe, per poter debuttare in monoposto.
“Il giovedì sera, o mercoledì sera, Antonio doveva partire col treno, andare a Forlì da Vincenzo Sospiri [n.d.r. avrebbe fatto la gara con la sua squadra]. Io lo chiamo, gli dico «Senti Vincè, io non lo lascio a Antonio perché lui dovrebbe stare con un altro ragazzo, io non conosco questo ragazzo, lui ha 14 anni, non lo mando da solo fino a Forlì.»”
La mattina seguente il nonno di Antonio lo accompagna a Pescara dove un autista lo prende e lo porta a Forlì. Da lì inizia con un paio di giri al simulatore per poi spostarsi in pista a Varano dove dimostra di essere il più veloce in pista.
“Io ero nel box con Sospiri e dicevo «primo, primo, primo» fino a quando gli ultimi dieci minuti si gira e va nella ghiaia. Riparte quinto, finisce la gara e arriva secondo, nonostante si fosse girato.”
In quell’occasione arrivò la proposta da parte di alcune squadre, tra cui anche la Prema. Purtroppo, però le richieste erano sempre troppo alte e la famiglia Giovinazzi non poteva permettersele. Fu un’esperienza formativa per Antonio, che lo mise in mostra nel mondo delle monoposto, ma dopo quella gara tornò in kart a causa del budget, fino all’incontro con Ricardo.
L’incontro con Ricardo Gelael: “è stato una salvezza”
Se tu potessi dire al padre che eri tanti anni fa quando Antonio faceva le prime gare sui kart quello che ha raggiunto oggi?
“Non ci crederei, era un sogno arrivare dove siamo arrivati, a prescindere che siamo stati fortunati a trovare Ricardo. Però era impossibile arrivare in Formula 1 o fare la GP2, Formula 3, perché comunque si parlava di cifre importanti. Per noi era un sogno lontano.”
Parla di Ricardo Gelael che in quel periodo, proprio come Vito, girava le piste di kart accompagnando suo figlio Sean.
“Mi ha fermato e mi ha detto: «io ho chiesto in giro un ragazzo veloce ma soprattutto educato e umile, e tutti nel paddock mi hanno detto di Giovinazzi».”
Ricardo era alla ricerca di un giovane pilota ed era disposto a finanziare la sua carriera “E questo senza chiederci soldi, senza dargli un centesimo” ci tiene a sottolineare Vito che parla di “fortuna” riferendosi all’incontro con il padre di Sean, ma forse non è stata solo fortuna. Ricardo aveva potuto vedere con i suoi occhi il talento di Antonio e che quelle qualità con cui lo descrivevano fuori dalla pista erano reali.
“Questo è stato una salvezza, Riccardo mi aveva detto: «facciamo un altro anno di kart e poi lo faccio arrivare in Formula 2».”
Dal Kart Antonio passa alle formula andando in Cina a fare la Formula Pilota China, campionato che vince. A quel punto Ricardo vuole fargli un regalo e chiede al pilota di Martina Franca cosa gli farebbe piacere ricevere. La richiesta di quel giovane pilota pieno di sogni fu quella di poter fare una gara in Europa per dimostrare che aveva le capacità di poter vincere anche lì. La sua non era presunzione, era consapevolezza. Infatti, arriva a Monza dove ottiene la pole position. Poi, a causa di un problema, è costretto a partire ultimo ma riesce comunque a vincere la gara. Quel weekend Antonio dimostra, ancora una volta, il suo talento vincendo due gare su tre, salendo a tutte sul podio.
Ricardo mantenne la promessa di portare il pilota italiano in GP2. Nel 2016, infatti, Giovinazzi debutta nel campionato che oggi prende il nome di Formula 2 dove viene notato da Marchionne, all’epoca amministratore delegato di Ferrari. Alla fine di quell’anno Antonio firma con Ferrari e l’anno dopo scende in pista con la Formula 1.
Tra la famiglia di Vito e quella di Ricardo nasce un legame di amicizia che va oltre la pista, un rapporto di stima e fiducia. L’amicizia non solo con Ricardo, ma anche con Sean, il figlio, che al matrimonio di Antonio è stato il suo testimone. Un’amicizia nata quando i due avevano 16 anni e Antonio era costretto a trasferirsi in Asia per poter fare il campionato Cina, affrontando non solo la lontananza da casa ma anche una cultura diversa dalla sua. Un periodo difficile per il giovane ma anche per suo padre:
“Sai non è che li conoscevo tanto bene [n.d.r. la famiglia Gelael] mandare tuo figlio in Indonesia non è semplice, siamo stati veramente male. Ci svegliavamo di notte per poter seguire le sue gare.”
L’arrivo di Antonio nell’endurance con la 499P
Dopo tutti i sacrifici e dopo essere stato notato da Minardi e Marchionne, dopo la Formula 1 ed un periodo difficile, arriva per Antonio la chiamata di Coletta per entrare nel progetto 499P.
“Io, in 20 anni di Gare di Antonio, ho trovato pochissime persone come Coletta. Io lo stimo tantissimo”
Aggiunge Vito quando tocchiamo questa parte della carriera di suo figlio.
Per Giovinazzi non era la prima volta nell’endurance, anche in questo mondo aveva debuttato a fianco di Sean Gelael. Nel 2016 i due scendono in pista per l’Asian Le Mans Series e per alcuni round dell’European Le Mans Series. Nello stesso anno questi ragazzi debuttano nel Mondiale Endurance in occasione della 6 ore di Fuji con la LMP2. Nel 2018, con Ferrari e AF Corse, corre la sua prima 24 Ore di Le Mans con una GTE classificandosi, insieme ai suoi compagni di squadra, quinto di classe.
Il ritorno nel WEC di Antonio arriva, appunto, nel 2023 con il progetto di Ferrari 499P che dopo oltre cinquant’anni ritorna nella massima categoria del mondiale endurance e decide di farlo con Antonio Giovinazzi come uno dei suoi piloti ufficiali.
Antonio con il prototipo Ferrari, dopo momenti bui, riesce finalmente a tornare a brillare mostrando il suo talento. Dopo la vittoria della 24 Ore di Le Mans nel 2023, Antonio Giovinazzi quest’anno si laurea Campione del Mondo, con la tuta rossa ed il cavallino rampante sul cuore, come, insieme a suo padre, hanno sempre sognato. Come suo nonno aveva sempre detto.